Fotografia

Uh, ci sono tante cose belle delle quali voglio scrivere.
Tipo del fatto che sono un deficiente perché sto scrivendo a penna su un foglio in preda alle turbolenze quando ho l’iPad nel borso (che tra l’altro ho portato ESATTAMENTE in previsione di un attacco di scrivarella).
Visto che ho con me una bellissima Contax 139 Quartz (grazie Roger e Corrado), potrei scrivere un attimo del motivo per cui sono su questo aereo.

Lavoro? Si, ok, ma un quadro più ampio.
La fotografia? Si!

CHE PALLE, UN ALTRO POST SULLA FOTOGRAFIA. (?!?)

1) Mai dedicato un post alla fotografia, non negli ultimi due blog che ho avuto (a distanza di 14 anni l’uno dall’altro – si, sono vecchio)
2) Faccio il fotografo, de che dovrei scrive?

Termina così questo breve inserto teatrale sulla mia schizofrenia.

Correva l’anno 1995…

Ora, onestamente, non ricordo bene quale delle due cose sia successa prima, ma la santa donna di mia madre mi iscrive ad un corso, organizzato dal Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, su Archeologia e Fotografia; inoltre, zia Ninetta è (all’epoca) pittrice e appassionata di fotografia. Ha una Minolta, mi pare. Ne regala una anche a me ad un certo punto, una Minolta blu. Pagherei per poterla ritrovare.

Dunque, come dicevo, non ricordo se è stato prima per zia Ninetta o per mia madre, probabilmente una combinazione delle due cose, fatto sta che il mio lungo e discontinuo percorso fotografico si inquadra più o meno in quel contesto.

Scatto con una Kodak che mia madre compra per questo corso, ma so ‘na pippa. Però ogni tanto qualcosa esce, queste sono delle foto dell’epoca di questo corso.

Poi, negli anni, continuo a fare foto, con varie macchinette (sempre automatiche) e poi con i primi telefoni dotati di fotocamera. Non mi sono mai posto “problemi”: point and shoot.

A Canili, paese di mia nonna e di mia madre, mi appassiono al paesaggio. Te credo, in mezzo ai Monti della Laga. Anche durante qualche gita al liceo porto la macchina fotografica, non ricordo quale, con me e provo a fare qualche scatto.
Insomma, intorno al 2006 la santa donna di mia madre – sempre lei – mi compra una Nikon Coolpix P3, all’epoca compatta di fascia alta, e da lì inizio a macinare schede da 1 giga (ve le ricordate le schede da 1 giga? Io no).

Mi esplode la vena, inizio a fotografare qualsiasi cosa. Fiori, piante, insetti, tutti i cazz di compleanni di 18 anni dei miei compagni di classe, poi paesaggi, altre robe… è in quel contesto che provo a mettere su il mio primo blog “fotografico”. Se non ricordo male, siamo nel 2010.
All’epoca risale anche la mia iscrizione a Instagram. Eravamo in 5: io, quello che l’ha inventato, suo fratello, sua sorella e l’account del cane. Scatto con la compatta Nikon e anche con il telefono, mi diverto così.
Poi creo dei piccoli post su Tumblr, testo e foto.
Il bello è che, nonostante abbia una compatta “avanzata”, continua a non fregarmene di tutte quelle scritte strane, “Tv, Av, M, P, Bulb, blà”. Vedo il simboletto della fotocamera, quello verde, e sto tranquillo. Mi interessa solo scattare.

[Io lo so che tra qualche paragrafo questa cosa del “presente storico” mi sbatte in faccia con molta violenza]

Nel 2012 comincio a sentire i limiti della piccola Nikon (e degli smartphone dell’epoca) e a maturare piani diabolici di conquista del Mondo.
Raggranellando un po’ di soldi da parte compro, a gennaio 2013, dopo aver chiesto vari consigli, una Canon 60D con il 18-55mm f/3.5-5.6 in kit.
Così inizia il percorso che mi ha portato da “persona che fa le foto” a “fotografo”.
Così comincio a studiare, a capire, a scattare con consapevolezza.
Così approccio la post-produzione.
Utilizzo Photoshop dal 2007, ma nel 2013 faccio la mia conoscenza con Lightroom (da poco uscito, se non ricordo male). Come mia consuetudine, lo divoro in pochi giorni. Prendo a fotografare musica live, a fare pratica sul serio. Stavolta le schede erano da 32 giga, ho ancora la prima che comprai.

[grazie…]

Da quel punto della mia vita, nella mia testa, sono successe diverse cose che mi hanno portato a mutare, ad evolvermi, a trovare il mio stile, a capire cosa volessi fare davvero. Così, nel 2014, arriva la laurea in informatica, ma io avevo già deciso da oltre un anno.

Sono tre le passioni che mi hanno sempre accompagnato: scrittura, musica e fotografia.

Credo sia un discorso attitudinale: sono sempre stato affascinato dalla matematica, dalla geometria, dalla fisica, ma non le ho mai volute studiare; l’informatica “teorica” non mi ha mai fatto scattare quella scintilla. Ho pensato varie altre cose ma alla fine andavo sempre verso “l’arte”.
Pensavo fosse già scontato.
E da qui la fatidica domanda:

Cos’è per me la fotografia?

La fotografia è una parte di me.
Lo è sempre stata, e non è una risposta “poetica” da influencer del cazzo, è la pura e semplice verità.
Ventiquattro anni sono tanti, anche se da solo sei ho intrapreso l’ultimo tratto del percorso, quello che mi ha portato su questo aereo.

Da “persona che fa le foto” a “fotografo”.

Questa è una distinzione ben chiara nella mia testa e, a mio modo di vedere, dovrebbero adottarla in molti. Ad ogni modo, per me la fotografia è un superpotere.
Imprimere un ricordo, una scena, un’immagine e portarla con sé, su carta o su uno schermo.
È uno dei tanti modi di “creare”: scrivere con la luce.
In questa arte ci ho sempre buttato dentro tutta l’anima, lo scrupolo, l’attenzione che ho e continuerò a farlo, in saecula saeculorum. Amen.
È una passione prima di tutto, prima che un lavoro o un passatempo.
Fotografo perché mi fa stare bene, perché mi piace e mi va di farlo. Negli anni ho affinato la tecnica, inizialmente le ho dato priorità assoluta e ora, anche se non si finisce mai di imparare, ho raggiunto una sorta di “comfort-zone”; ho capito che bisogna dare priorità ad altro.
Questa è una cosa che nessuno ti può insegnare, bisogna arrivarci da soli, coi propri tempi e i propri mezzi.

Quando trovi la tua dimensione tutto prende un senso più ampio, che va oltre la semplice “foto bella” o “foto ben fatta”, diventa una proiezione di sé, di ciò che si è e si pensa.
Quella singola foto sei tu, sono io, sono 18 anni di “foto” + 6 di fotografia. Di fotografi ce ne sono a strafottere, qualcuno direbbe “troppi”.
Non voglio riprendere discorsi pesanti contro i social network perché non è questo il contesto, né voglio essere il dispensatore quotidiano di saggezza spicciola, dico solo che, per me, l’importante ora è avere qualcosa da condividere e riuscire a comunicare qualcosa.

La mia fotografia è 35mm e 85mm e avere qualcosa da dire.

Perché, negli anni, ho capito che del mio corredo fotografico potrei fare a meno di OGNI singola cosa, tranne che del 35mm f/1.4.

C’è bisogno di una passione, di un amore per ciò che si fa, un interesse per ciò che si fotografa. Per questo, anche a livello lavorativo, cerco sempre di evitare ciò da cui non sono attratto, perché non voglio che una routine vada a sporcare il mio modo di vivere questa magia.

Spero di riuscire sempre nel mio intento, di godere sempre di quest’arte meravigliosa come ho sempre fatto, continuando ad evolvermi.
Le sfide sono necessarie, mettersi alla prova è necessario; non bisogna mai sentirsi “arrivati”: nessuno lo è.

Uno dei motivi per i quali ho preso una macchina fotografica analogica è perché volevo “disintossicarmi” un po’. Avevo paura che fosse un po’ come mettere il piede in due scarpe, invece in più di un’occasione sono uscito di casa soltanto con l’analogica, lasciando a casa la mirrorless.

Dunque continuerò.

A curare in modo inconsciamente maniacale la composizione anche quando scatto una foto al sushi col telefono, a risultare estremamente fastidioso perché sposto bicchieri e tovaglioli dal tavolo perché “mi entrano nella foto”.
A curare in modo maniacalmente spontaneo i dettagli, che amo e ricerco sempre. A post-produrre gli scatti con cura, per valorizzarli nel migliore dei modi.

Continuerò a fare tutto questo per poter dare sempre il miglior servizio possibile ai miei clienti, ma soprattutto per continuare a nutrire la mia anima.

In fondo, è un discorso di attitudine.

Cheers.