The Lockdown

Isolamento

Disclaimer: il volo è stato svolto nel rispetto della normativa ENAC vigente da operatore certificato.

APPROSSIMATIVAMENTE qui:

Il mio username è, da sempre, “WaitingSilence”.

Waiting Silence, licenza poetica per  “Waiting for the Silence”, “aspettando il Silenzio”.

Silenzio che, per me, ha sempre avuto un significato particolare. Non è il silenzio “fisico”, quella condizione nella quale non c’è percezione di suoni o rumori, è più una sorta di quiete, di “pace interiore”.
È una ricerca che ha sempre accompagnato la mia vita, da quando ho, mio malgrado, “cominciato a pensare”. Ha accompagnato e continua ad accompagnare perché, ovviamente, quel silenzio non l’ho mai trovato.

In questi giorni sono stato costretto a rendermi conto che, invece, ho trovato quell’altro “silenzio”, quello che pensavo non potesse mai appartenere a questa città, a questa casa. Si sente da qui, dalla scrivania sulla quale sto scrivendo; ad un certo punto sono stato costretto a rendermi conto che “manca qualcosa”.

Manca “la città”.

Se smetto di scrivere sulla tastiera del computer – che è abbastanza rumorosa – e stoppo la musica, non si sente assolutamente nulla.
È una situazione davvero, davvero surreale perché qui si sente SEMPRE qualcosa, dalle 6 la mattina alle 23 di sera, e anche dalle 00 alle 5 non si scherza. In questo “momento” sembra tutto fermo, immobile, silenzioso, in pausa, e un’espressione torna spesso alla mia mente: “la quiete prima della tempesta”.
Non sto certo dicendo che ci sarà presto una “tempesta” (anche perché, più tempesta di questa che ci ha già investiti…), dico solo che questa sensazione mi fa pensare ad una calma apparente, non so neanche spiegarlo bene. Mette paura, davvero. Mi viene da pensare a tutte le volte che tornavo da una serata musicale in qualche pub qui in zona e mi fischiavano le orecchie, mi infilavo nel letto alle due di notte e, tra una macchina e l’altra, sentivo questo fischio costante nella testa, e mi inquietava. Ora non sento proprio nulla. Potrei stare immobile al centro della stanza, con gli occhi chiusi, e immaginare di essere in qualsiasi altro posto, senza che rumori familiari possano richiamare la mia mente alla realtà.

Oggi ho voluto documentare questo silenzio, ma non con un registratore, bensì con uno strumento alquanto rumoroso. Così, al tramonto, ho fatto volare il drone dal cortile di casa, per documentare questa situazione inedita, surreale, irripetibile. Per pura e semplice volontà di avere una testimonianza, un’evidenza storica di questa condizione incredibile.

Ciò che sta accadendo in questo periodo ha del drammatico, senza ombra di dubbio. Pensare a come un’intera popolazione (o quasi) sia stata costretta a cambiare le proprie abitudini, a sottostare a delle regole rigide per la propria salvaguardia, mentre a soli 600km da qui si sta combattendo una battaglia estenuante contro un mostro che, per ora, sembra lasciare davvero poco terreno per combattere, è straniante.

Ma non straniante come trovarsi vicini alle onde alte 4 metri a Dal Beag, in Scozia.

Non straniante “bello”: straniante “brutto”.

È devastante, e per quanto mi stia sforzando di vivere “normalmente”, di continuare a svolgere le mie normali attività, pur rispettando l’obbligo dell’isolamento sociale, è difficile non pensare, è difficile trascorrere un solo istante senza sperare che tutto questo possa finire presto e a come, a quanto pare, ciò dipenda in buona parte da me come da noi tutti.

Dunque ho voluto lanciare in aria il bagherozzo e ho voluto effettuare una breve ricognizione, svolazzando entro un raggio di 200 metri dalla mia residenza, scattando queste foto, senza dover “aspettare il momento buono”, quel momento in cui non stessero passando macchine… perché anche se ci fossero state cinque, dieci, venti macchine, sarebbe stato un nulla cosmico in confronto al traffico che c’è su Via Verrotti, in quello che è l’orario di punta del traffico.

Non si possono contare le  volte in cui sono uscito di casa alle sei, alle cinque, alle quattro: in nessuno di questi casi sono riuscito a stare per più di trenta secondi senza incontrare una macchina. E dal basso hai una sola prospettiva, dall’alto vedi – o, in questo caso “non vedi – molto di più.

Spero che noi tutti possiamo trarre qualche buon insegnamento da questa situazione, senz’altro dovremmo provarci: non l’abbiamo scelta noi, tanto vale imparare qualcosa. Onestamente non so se le cose potranno mai tornare veramente “alla normalità”. Non parlo a nome di tutti, chiaramente. Per quanto mi riguarda, nel mio piccolo, non sto facendo altro che convincermi sempre di più di ciò in cui ho sempre creduto, rafforzare quelli che credo essere dei valori fondamentali. Sto continuando a lavorare, senza sosta, dieci ore al giorno; lavorare al passato, al presente e soprattutto al futuro. Sto cercando di non fermarmi, perché sono privilegiato nel non dover essere costretto a farlo.

Non si “lavora”, ok: è tutto fermo fino a chissà quando. Ma si lavora, in ogni caso.

Non sono un giornalista né un fotoreporter, ma posso dire di aver sempre tenuto fin troppo alla mia “sensibilità fotografica”; oggi questa sensibilità mi ha imposto di spendere dieci minuti del mio tempo per documentare quanto sta accadendo alla mia città, come piccolo specchietto di ciò che in realtà è accaduto ad un’intera nazione e a molte altre. Il risultato di questa breve escursione documentaristica lo trovate qui, in questo post.
Ammetto di essere stato indeciso riguardo la scelta della comunicazione visiva, ovvero: colori o bianco e nero. Per far arrivare il messaggio di queste foto avrei preferito forse non utilizzare i colori, ma dall’altra parte la scelta di un bianco e nero per delle foto aeree mi sembrava un po’ forzata, dunque ho scelto di lasciare i colori, senza dar loro troppa importanza, desaturandoli.

Togliendo al tramonto il diritto di emozionare, per lasciare alla strada il dovere di informare.

La scelta dell’orario è stata, infatti, puramente dettata da questioni comunicative: immortalare una strada vuota nell’ora di punta del traffico cittadino. Far vedere a chi, come me, a quest’ora, impiega solitamente 10 minuti per percorrere 2km, su quella strada. La coincidenza del beccare il tramonto è stata, appunto, una coincidenza.

Mai mi sarei aspettato di vedere “inanimati” casa mia e gli immediati dintorni.

Sicuramente qualcun altro avrà avuto la medesima idea e avrà immortalato le strade vuote della propria città dall’altro, ma poco importa: non c’è alcuna pretesa di arte, originalità o creatività in queste foto. Non mi sono posto alcun problema, salvo quello di verificare di essere in condizioni di poter operare. Il resto è stato semplicemente infila la giacca, prendi il drone, scendi in giardino, vola, fai un giro, scatta, rientra, torna su in casa.

E ora smetto di scrivere, non c’è molto altro da dire. Avrei potuto semplicemente postare le immagini, magari con una didascalia striminzita, e forse il messaggio sarebbe passato lo stesso.

MA…

…come ormai avrete capito, spesso e volentieri scrivo dettato da un bisogno di “catarsi”, di depurare la testa dai tanti pensieri che l’affollano e trovare un po’ di sollievo.

O almeno ci provo.

Vi lascio ad una breve clip video.

Cheers.