Kiev 2019 – Robbe da videografo pt.1

Disclaimer: avevo detto che in questo “luogo” avrei proposto contenuti di natura eterogenea, spaziando dal “diario di bordo” alle recensioni; sto ancora sviluppando il tutto, senza un piano editoriale ben preciso (in tutta onestà), come avevo premesso in questo primissimo POST. Questo intervento sarà un po’ più da “addetti ai lavori”, da videari, videomaker, videografi, chiamatece come ve pare. Non voglio scoraggiarne la lettura perché potrebbe essere interessante per tutti per avere un’idea di cosa c’è “dietro le quinte” di un video, ma ci tengo ad essere chiaro.

Hashtag #DivingKyiv2019 .
Questa è stata un’esperienza davvero interessante dal punto di vista “videaro”. A livello sportivo, un campionato leggermente “anomalo”: un europeo di tuffi poche settimane dopo la conclusione dei mondiali di Gwangju.
Un europeo che avrebbe qualificato quattro persone per le olimpiadi di Tokio 2020.
Per questo evento, tenutosi al Liko Sport-Centre di Kiev, il mio compito è stato quello di realizzare un video per ciascuna delle giornate di gare, partendo da un “recap” del primo giorno, procedendo per aree tematiche fino all’aftermovie, realizzato durante l’intera settimana e finalizzato durante la giornata conclusiva con il montaggio e la post-produzione.

Perché un’esperienza interessante? Per vari motivi, in realtà.

Innanzitutto è stata la prima volta che ho portato in trasferta il nuovo arrivato Surface Book 2, il quale si è rivelato una macchina più che valida per montare video “run-and-gun”. Non potente come il precedente MSI, ma un ottimo compromesso tra portabilità e prestazioni. La realizzazione di un video al giorno, dunque riprese – selezione – montaggio – post-produzione, è stata possibile grazie ad un modus operandi già impiegato in fase embrionale a San Pietroburgo, durante la LEN European Synchronised Swimming Championships Cup (vi linko la pagina dell’evento, per rinfrescarvi la memoria), qui sviluppato e perfezionato.

Niente di trascendentale, semplicemente il trasferimento e la catalogazione delle clip volta per volta. In sostanza, ad ogni round di riprese rientravo in sala stampa, scaricavo, importavo in Premiere, selezionavo (contrassegnando gli “scarti” per poi cestinarli alla fine della selezione, liberando costantemente spazio utile) importando le clip su tracce separate (una per ciascuna area tematica) e, man mano che avevo tempo, le spostavo in una sequenza “archivio”, anch’essa suddivisa per tracce, nella quale segnavo con delle etichette di colori diversi quelle da usare per i video giornalieri e quelle da lasciare per il video conclusivo. In questo modo, oltre ad avere tutto costantemente ordinato e catalogato, sono riuscito a tenere traccia di tutti i frammenti da usare per il montaggio finale, procedendo di pari passo e trovandomi, l’ultimo giorno, con una “doppia selezione” di ogni giornata.

Si, perché prima di montare ciascun video le clip da utilizzare sono state sottoposte a due, se non tre selezioni, e ciò ha costituito, sostanzialmente, il 70% del lavoro. In tutto ciò ho visto nel touch screen del portatile uno strumento molto valido perché spesso, per selezionare le clip, usavo il tocco diretto su schermo anziché il puntatore del mouse, per essere più diretto e veloce; il mouse è comunque stato un altro strumento fondamentale, con i tasti programmati per utilizzarlo con Premiere, in modo da ridurre all’osso le operazioni complesse. Anche le etichette di colore sono state assegnate a delle shortcut da tastiera, ai numeri dall’1 allo 0, per poter eseguire immediatamente un’operazione che altrimenti avrebbe richiesto il triplo del tempo. Fondamentale: impostare man mano le tracce “in ascolto” degli eventi sulle clip, in modo da poter navigare con le freccine “su” e “giù”, passando da una clip all’altra senza doverle selezionare manualmente.

Il color grading è stato realizzato su due livelli di regolazione differenti. Per la prima volta ho utilizzato la LoupeDeck+ per la post produzione di riprese video; non essendo necessarie regolazioni invasive si è trattato soltanto di un lavoro di fine-tuning, ma con una combinazione di tastiera e LoupeDeck questa operazione si è rivelata più snella e scorrevole del previsto, consentendomi di risparmiare tempo prezioso.

Al di là di questo pippone tecnico c’è l’altro aspetto interessante, ovvero l’utilizzo alternato di vari mezzi, oltre alla mirrorless Sony, corpo macchina principale. E’ stata la prima volta, infatti, che ho impiegato, pressoché simultaneamente, la Insta360, per realizzare riprese a 360°, l’Osmo Pocket, mini-camera con gimbal integrato, per ottenere una serie di prospettive difficilmente ottenibili con mezzi tradizionali e la Sony FDR X3000, action camera impiegata per sfruttare dei pov in prima persona, molto immersive. Tutto ciò ha comportato, soprattutto nel caso delle riprese 360, l’inserimento di un passaggio aggiuntivo nel workflow, ovvero il software per montare tali riprese ed esportarle come un video “finito”, pronto per essere inserito nella linea di montaggio.
Ovviamente non dimentichiamoci degli immancabili time-lapse. Quelli realizzati con la Sony A7R 2 sono stati salvati sia come sequenza di foto che come video: essendo le condizioni di luce stazionarie mi è stato possibile utilizzare direttamente il video prodotto, pertanto non ho dovuto montarli (fortunatamente, su 42 megapixel di file); quello subacqueo, realizzato con la FDR, è stato montato con LRTimelapse, altro software da inserire inevitabilmente nella catena di lavorazione, se si vuole fare time-lapse ad un certo livello.

Infine alcune delle riprese durante le gare sono state recuperate dallo streaming prodotto dal broadcaster, tramite apposita piattaforma, un altro tassello da inserire nel workflow.

Non è stato semplicissimo consolidare tale flusso di lavoro avendo, di fatto, poco tempo a disposizione, ma è stato senz’altro stimolante e alla fine il risultato è stato portato a casa. Essendo un sistema inserito nel contesto di un evento, doveva necessariamente essere messo a punto in quel particolare contesto.

Sicuramente c’è ancora da perfezionare, magari anche da aggiungere, ma con un atteggiamento costruttivo e tanta pazienza, passione e voglia di fare, si riuscirà anche in questo.

Chiaramente, al di là del discorso tecnologico, non posso esimermi dal ringraziare Giorgio e Lucianna con i quali lavoro, per la fiducia riposta nei miei confronti e per la loro disponibilità e professionalità; Michele, il quale si è rivelato una fonte preziosa di informazioni e un valido “agente sul campo”, facilitando notevolmente l’aspetto gestionale/logistico delle riprese, calcolate sui tempi e sui luoghi propri di ciascuna fase dei “tuffi”; gli atleti, che con la loro disponibilità a realizzare riprese un po’ “particolari” hanno permesso di dare quel “valore aggiunto” al tutto.

Vi lascio qui il lavoro svolto durante questi sette giorni:

La cosa più importante, come sempre, è trovare il proprio equilibrio, all’interno di un “environment”, di un ambiente, e imparare a muoversi senza inutili dispendi di risorse, che potrebbero essere impiegate per pratiche molto importanti quali l’ottimizzazione del lavoro e, perché no, il defaticamento, fondamentale per poter affrontare “maratone”.

La morale della favola è che non si finisce mai di imparare e di sperimentare, ma se si ha voglia di mettersi alla prova e migliorarsi costantemente non si può far altro che progredire e raggiungere nuovi traguardi. In questo lavoro, nel 2019, prima ancora della “bravura” e della “preparazione tecnica”, contano le capacità gestionali e organizzative, così come tante altre “side-skills” che vanno curate e sviluppate.

Questa è una piccola parte della mia esperienza, che si sta consolidando negli anni, un po’ alla volta. Siccome, come ho detto, questo spazio per me è “condivisione”, mi andava di condividere con voi queste considerazioni.

Spero di non avervi annoiati troppo e che qualcuno abbia trovato questi contenuti interessanti.

Cheers