End of the Bubble

Budapest European Aquatic Championships 2020-21

“End of the Bubble”

Bastano queste quattro parole a descrivere la prima esperienza lavorativa all’estero da quel Budapest di gennaio 2020, che sembra ormai un lontano ricordo nonostante sia trascorso poco più di un anno.

Sempre Budapest, tecnicamente sempre “Budapest2020”, ma stavolta non pallanuoto bensì “tutto il resto”. Campionati europei di nuoto, nuoto sincronizzato, nuoto di fondo e tuffi.

Questo post vuole essere, come al solito, la pura e semplice condivisione di un’esperienza.

Com’è stato in tre parole?

Intenso, emozionante, straniante.

Intenso perché sono state due settimane davvero cariche, cariche, cariche di lavoro. Il mio task era la produzione di video, alternando recap giornalieri e Reels per Instagram; in un campionato di 14 giorni di roba da filmare ce n’è davvero tanta.

Emozionante perché si, tornare a poter fare questo tipo di lavoro, dopo così tanto tempo, è stato a modo suo emozionante. L’ambiente a contorno di questi sport, soprattutto nuoto sincronizzato e tuffi, è sempre molto coinvolgente e, passando molto tempo nel behind the scenes, finisco sempre per entrare un po’ a far parte io stesso di “questo mondo”. Vivere dei momenti insieme agli atleti, immortalare una parte della loro routine, della loro emozione, della loro brama di risultati. Lacrime di gioia e di sconforto, risate, adrenalina: essere lì vuol dire trovarsi davanti a persone che lavorano da anni “per essere lì” e coronare sogni e ambizioni. Tutto questo traspare da gesti ed espressioni (ciascuno a modo suo) e a noi, fotografi e filmmaker, è dato il compito di immortalarle e portarle all’esterno, perché tutti possano farne parte.

Straniante perché… beh, perché si.

Perché stare qui, a fare questo lavoro, significa effettuare un tampone molecolare prima della partenza, uno in ingresso, uno ogni 5 giorni di campionato e uno in uscita, significa indossare una mascherina (nel mio caso FFP2) per 10-12 ore al giorno, igienizzare le mani quante più volte possibile, cercare di evitare situazioni di contatto in ambienti che, spesso, il contatto lo implicano. Significa non poter uscire dalla “bolla”, ovvero hotel-piscina-trasporti. Significa avere paura perché, per quanto lo si possa mascherare stando insieme, ridendo e scherzando, un minimo di coscienza ti porta, in un simile contesto, ad avere costantemente paura. Anche se “sei in bolla”, nessuno può uscire, tutti sono testati, chi non è in bolla lo è quotidianamente, una dose di sana paura accompagna ogni azione, ogni momento della giornata.

Spesso (praticamente sempre) il nostro lavoro sono “le immagini e i video” che produciamo. Quasi mai, nel fruitore di tali contenuti, c’è consapevolezza di tutto il “retroscena”, e questo vale anche per me: uno degli aspetti che più amo della mia professione è il trovarmi in contesti che mi permettono di avere una comprensione e consapevolezza profonde di situazioni con le quali ho a che fare quotidianamente (produzione di birra/vino, logica-logistica di un grande ristorante, un video-corso di fitness, lo stoccaggio in ambiente asettico di succhi di frutta, un campionato sportivo europeo). Lavorare per realtà di questo tipo porta inevitabilmente ad un contatto “intimo” con le stesse, a conoscerne le dinamiche e per me ciò è sempre stato estremamente interessante e affascinante.

Avendo dovuto realizzare, in occasione dell’ultimo turno della Champions League di pallanuoto, a Ostia, delle riprese che raccontassero un po’ tutto il processo di allestimento della piscina, fino ad arrivare al set-up della venue pronta per accogliere l’evento, ho potuto avere una comprensione ancora più profonda di tutto ciò che porta a ciò che vediamo in TV, durante un evento sportivo, appunto.

Tornando al principio di questa digressione: analogamente accade lo stesso per quanto riguarda il mio lavoro, ovvero ciò che si vede è “ciò che è fuori”, il prodotto, appunto, mentre si ignorano spesso tutte le dinamiche ad esso legate.

Una cosa che ho sempre cercato di fare, fin dai tempi del progetto time-lapse in Gargano, Mediterranean Majesty, è stata cercare di documentare il backstage, ciò che porta alla realizzazione di un qualcosa. Non è sempre facile, soprattutto se si è da soli, ma ho sempre cercato di produrre una foto, un video, qualcosa che potesse portare chi mi segue “dentro” a quello che è il mio lavoro, non soltanto al prodotto finito. Lo faccio perché per me è una dinamica talmente affascinante e interessante, trasposta al lavoro di altri, che in cuor mio penso sempre che ci sia qualcun altro lì fuori altrettanto attratto dal “dietro le quinte”, pertanto è una sorta di racconto che voglio portare fuori dalla mia sfera “personale”.

Anche qui, sfruttando tutti i miei strumenti (una camera FPV delle dimensioni di una gomma da matita), ho cercato di realizzare due Reel che raccontassero in modo “simpatico” una giornata tipo qui agli europei.

Inoltre, mi sembra a questo punto simpatico proporre un reel realizzato durante i campionati per la LEN riguardante il “mondo dei media”

Dal reharsal dei team di nuoto sincronizzato, appena giù dal pullmann, alla pratica sul dryland dei tuffatori, agli schiaffi su pettorali e glutei dei nuotatori, tutto ciò che fa parte di questo ambiente racconta, a modo suo, una storia, e questo racconto si avvale anche dei particolari, dei quali spesso e volentieri si va alla ricerca per inserirli nella cronaca della giornata. Un’altra cosa che trovo affascinante di questo ambiente lavorativo è che, nonostante di base faccia ciò che ho sempre fatto (reportage), mi ha portato fuori dalla mia confort zone fin dal primo momento, in quanto qui il mio modus operandi prediletto (medio grandangolo e medio tele) si è rivelato inadeguato e improduttivo, pertanto ho dovuto cercare, trasferta dopo trasferta, il modo migliore per combinare potere espressivo e discrezione, possibilità di muoversi più o meno liberamente e capacità di raccontare tanto il particolare quanto l’insieme. Per poter coprire la narrazione in modo estensivo, senza voler tralasciare degli aspetti, è necessario fare più “puntate”, variando l’attrezzatura, ma generalmente sono riuscito a formulare una configurazione che mi permette di riuscire a concretizzare quella che è la mia visione del behind the scenes in riprese che vogliano essere sia estetiche che descrittive. E’ una bella palestra per l’occhio, insomma, ed è un ambiente che, per sua natura, ti mette costantemente alla prova, soprattutto quando si aggiungono variabili esterne (nuovi sistemi di streaming messi a disposizione da Eurovision alla LEN in occasione dell’evento stesso, che devi imparare a usare in tipo 1 ora perché ti serve di poter attingere dal materiale in broadcast tipo subito).

Oltre alla parte “sul campo”, che riguarda strettamente le riprese realizzate da me e da Antonella nel backstage (e anche durante le gare, principalmente al “contorno”), per saturare la potenzialità della narrazione di una giornata di evento ci si avvale del segnale delle camere broadcast, che confluiscono, come nominato sopra, nello stream video su piattaforma Eurovision; tali stream sono a nostra disposizione per tagliare delle clip, da inserire poi nei video recap, dato che un videomaker a terra non potrà mai neanche lontanamente/umanamente/scientificamente arrivare dove arrivano centinaia di migliaia di euro di telecamere, spydercam, dolly e chi più ne ha più ne metta.

E’ tutto parte di un sistema che, alla fine, finisce nel vostro feed di Instagram.

Quando scrollate e vedete un video recap realizzato per una giornata di gare, che dura 2 minuti, pensate che dietro quel video c’è il sacrificio degli atleti, la perizia di non si sa quante figure professionali, tutto il contorno di cui vi ho parlato qui sopra. Non è emozionante?

Per quanto mi riguarda, trovo entusiasmante la possibilità di lavorare per eventi di questa portata direttamente con l’organizzazione dell’evento stesso, avere accesso tanto al backstage quanto alle gare, poter riprendere e fotografare ciò che non si vede (quasi) mai in TV e appagare la mia innata e illimitata curiosità.

Tornare a poter fare questo lavoro è stato, a modo suo, emozionante e anche stimolante. Nonostante tutti i downside, nonostante le restrizioni e la situazione covid, nonostante 17 giorni lontano da casa siano tutt’altro che leggeri… è comunque una delle sfaccettature di ciò che faccio che più mi affascina e coinvolge.

Big thanks a tutto il #deepbluemediateam.

Con questo momento di condivisione vi saluto e vi lascio al prossimo fiume di storie che sarà la trasferta a Belgrado, per le finali di Champions League di pallanuoto!

Stay safe.

Cheers