Floating

Sempre più spesso, nel corso di questo incredibilmente folle e stupido 2020 mi capita di ritrovarmi assorto in mille pensieri scaturiti perlopiù da “sensazioni”.
Avete presente quando vi capita di trovarvi in un posto  del quale avete molti ricordi, dopo tanto tempo dall’ultima volta che ci siete stati? Quel particolare profumo che non sentivate da tanto tempo? Quel suono che vi pare così familiare, nonostante non lo sentiate da anni e anni?
Bòn: non so perché, sarà che ho passato i 30… ma ultimamente mi capita sempre più spesso.

Basta sempre meno ormai per proiettarmi in un’altra dimensione, fatta di ricordi, sensazioni, nostalgia, malinconia e chi più ne ha più ne metta. Guidare su via Caravaggio – una delle strade sulle quali probabilmente ho percorso più km da quando esisto – verso il tramonto, mi fa ricordare di quando ero piccolo e tornavo verso casa con mia madre, in macchina, dopo essere stato l’intero pomeriggio a casa di zia Ninetta. “Respirare l’umidità” in scooter, di sera, mi catapulta a quando tornavo dalla piscina con mio padre, con annesse sensazioni collaterali, o a quando tornavo a casa dalle lezioni di musica alla scuola civica di Montesilvano. Potrei continuare per ore ma credo che il concetto sia chiaro.

La cosa carina è che, incluso nel pacchetto “amarcord”, c’è tutto un set di stati d’animo connessi ai ricordi – non necessariamente positivi – che esplodono nel cervello lasciando schegge ovunque, ciascuna delle quali rappresenta il frammento di un’esperienza vissuta che prende nuova vita nella mente; non è affatto semplice a questo punto, per i miei neuroni, spostarsi da una parte all’altra senza incappare in una di queste, e magari tagliarsi e sanguinare un po’.

Dove voglio andare a parare?

Un attimo, ci sto arrivando.

Qualche giorno fa ho mobilitato il drone in un posto, in Gargano, al quale sono particolarmente legato: la Foresta Umbra. L’ho vista in tutte le stagioni, in tutte le condizioni climatiche, a tutte le temperature, ma mai dall’alto.
Chi mi segue sa il rapporto che mi lega alla prospettiva aerea, per tutti gli altri rimando a questo post:

Il lato di Vico del Gargano della Foresta Umbra è stato teatro dei miei primi veri tentativi di time-lapse, ai tempi del video di Mediterranean Majesty, il mio giga-tributo al Gargano realizzato tra il 2015 e il 2016, montato e presentato nel 2018. Un linkino qui sotto ce lo metto? Ma si!

Quando stavo muovendo i primi passi da praticante in questo settore e iniziavo a posare i primi mattoni che sarebbero poi diventati il lavoro più ambizioso che abbia realizzato finora (forse). Qui, nel 2015, in autunno inoltrato, iniziavo a ciondolare da una parte all’altra del bosco con il mio bravo zaino da 60kg, lo slider motorizzato e tanta voglia di realizzare un video bellissimo. Il primo posto dove sono approdato, in questo paradiso, è il Laghetto d’Umbra, un piccolo lago immerso nella vegetazione, a qualche minuto di cammino dalla strada.

Ci sono due particolarità di questo luogo che mi hanno sempre colpito: la prima è la presenza pressoché costante di tre germani reali (il cui passaggio è visibile nel time-lapse qui sotto), due maschi e una femmina, che nei mesi caldi sono sempre, perennemente lì a sguazzare. L’unica volta che non li ho visti in acqua erano a fare agguati tra il fogliame, a poche decine di metri dal lago.

La seconda particolarità è la presenza di un piccolo isolotto galleggiante.
Galleggiante?
Galleggiante.

Dopo aver assemblato il primo time-lapse realizzato lì al lago ho notato, con mio sommo stupore, che l’isolotto si spostava velocemente da una parte all’altra, scivolando sull’acqua. Me ne sono accorto così, fissando il computer in preda all’ansia del riguardare una delle mie primissime sequenze realizzate in vita mia. Quell’isolotto è una delle cose che più mi hanno affascinato in vita mia.

Dunque, secondo voi, una volta con il drone in aria, qual è il primo soggetto sul quale mi sono calamitato come un chiodino da muro contro una calamita grossa quanto il copertone di un tir?
Bravi, proprio lì.
Proprio su quel laghetto che tante volte ho visto da terra e che ora, per la prima volta, vedevo dall’alto.

Tutto, in quel momento, mi ha riportato al 2015; a quando uscivo da solo per andare in Gargano, alla nebbia, alla pioggia, al freddo pungente, al tappeto di foglie secche, ai colori autunnali rincorsi per quasi un mese, alla strada che da Vico del Gargano porta alla Foresta e viceversa, ai pezzi di pizza presi al panificio di Vico e mangiati avvolto in quindici sciarpe, mentre la Canon 5D Mark III scattava, anch’essa avvolta in quindici sciarpe, e io aspettavo che finisse. Buttato indietro del tempo ad uno dei periodi più precari e problematici della mia vita, con poche certezze e tanta voglia di riuscire a lavorare con una delle mie più grandi passioni, la fotografia.

È stato un momento sostanzialmente breve, ma decisamente intenso. Una di quelle volte in cui senti letteralmente smarrito tra innumerevoli pensieri che corrono tutti verso lo stesso punto e si accalcano, ciascuno per cercare di farsi notare prima e meglio, creando una massa di entropia nella quale il tuo cervello è immerso, e tu con lui.

Nel giro di pochi minuti ho pensato al video sul Gargano, ai mesi necessari per la sua realizzazione, al tempo speso al computer per finalizzarlo, alla prima proiezione, alla pubblicazione su National Geographic, a quante cose sono cambiate dal 2015 a ora, a quanto sono cambiato io. Niente come il Gargano riesce a darmi tanti di quei pugni all’anima da buttarmi al tappeto in un istante, e ogni volta che torno in quei posti mi rendo conto di quanto siano diventati parte di me, di quale ruolo fondamentale abbiano giocato nella mia formazione, personale e professionale, di quanto io abbia imparato da tutto ciò che mi è successo lì, tra quelle rocce, tra quei prati, tra quelle onde.

E, come ogni volta che parlo di sensazioni… ho la sensazione di star tralasciando qualcosa. Un senso di incompiuto da una parte mi obbliga a stare qui a continuare a scrivere e dall’altra mi implora di lasciar perdere, “che tanto non sei capace”. Un dualismo imprescindibile dallo stesso dualismo che è insito in questi luoghi: un misto di maestosità e piccolezza, di nobile e povero, di saggezza e ignoranza. Tutto questo e molto altro è per me il Gargano.

Tutto per colpa di un cazzo di isolotto galleggiante che sta lì.

A lui non gliene frega niente di me… ma se potesse sapere quanto è importante per la mia “storia”, probabilmente ne sarebbe felice.

Ciascun isolotto ha il diritto di sentirsi importante per qualcuno.

E di galleggiare.

Cheers.