FPV

First Person View

“Cos’è per te il drone?”
”Il drone è un vettore per portare il mio sguardo dove non potrebbe fisicamente andare, per abbattere uno dei limiti più grandi di noi esseri umani: il vincolo del contatto con il suolo.”

Non è semplicemente uno strumento ricreativo o di profitto, per me è sempre stato, ancor prima di averne uno, un punto di vista.

E’ il fascino fatale che la prospettiva aerea esercita su di me, unito alla mia naturale “fobia di cadere” – la stessa che a Tenerife non mi ha concesso neppure di saltare da una roccia alta poco più di 1.5m, perché il pensiero di dover raggiungere il suolo mi bloccava; un cocktail esplosivo che mi porta, ogni volta che metto il culo su un aereo, ad avere una paura inconscia di alzarmi da terra e allo stesso tempo che incolla il mio sguardo fuori dal finestrino. Quasi una forma di masochismo.

Con il drone posso invece guardare dall’alto, senza staccare i piedi dal suolo. Così bello e rassicurante. Al massimo si schianta il drone (che è comunque una cosa non auspicabile, ma meglio lui che io, insomma).

[ringrazio Alessandro Petrini per le foto utilizzate in questo post]

Da un po’ di tempo ho iniziato ad apprezzare altre sfaccettature della fotografia “aerea”, intesa come “non a contatto con il suolo”. Il drone, infatti, non è soltanto la ripresa a piombo, o la foto dall’alto inclinata di 45° rispetto al terreno, come ho ampiamente scritto in QUESTO post, ma è semplicemente tutto ciò che possa portare il mio sguardo “lontano dal limite fisico del contatto con il suolo”.

Ho iniziato ad interessarmi al volo FPV, ma sempre con distacco, platonicamente, come se la vedessi una cosa affascinante, estremamente affascinante, ma anche estremamente lontana da me. D’altronde non ho mai amato particolarmente il rischio e la velocità, per questo associavo quel tipo di volo quasi a uno sport estremo ed estremamente distante dal mio modo di essere (anche se in questo caso non rischi la tua vita ma, anche qui, quella di un drone).

Correre tra gli alberi a 2 metri d’altezza, sfrecciare tra due creste di roccia per poi scoprire il paesaggio sottostante, infilarsi nell’abitacolo di un’auto in corsa, tutte cose che, fino a prova contraria, un essere umano non può fisicamente fare, con una fotocamera in mano.

E poi accade che la nostra amata/odiata zia bisbetica cinese tira fuori un drone che ha sostanzialmente tutte le caratteristiche di un drone FPV, con qualche automatismo e sistema di sicurezza tipico dei suoi classici droni “GPS”, creando di fatto quello che sembra essere il drone perfetto per me, pilota [in]pavido, che non ama particolarmente la velocità e la spericolatezza, ma con moderazione e qualche “aiutino”… perché no!

In quel preciso istante, il mio cervello ha iniziato a correre peggio del suddetto drone, immaginando una serie di scenari di utilizzo, una serie di cose da poter fare, usando quel dronino come tramite per portare il mio sguardo “oltre il mio corpo”, che pare una minchiata filosofica ma poi in realtà è esattamente ciò che accade.

Ho provato per la prima volta l’ebbrezza del volo FPV, con il visore e controller “a gesti”, entrando a gamba non troppo tesa in un mondo che non mi è mai appartenuto ma che, sotto sotto, avrei voluto che mi appartenesse. Ed eccomi qua, supportato ma soprattutto sopportato da mia moglie, santissima donna che mi accompagna nelle mie passioni, che mi prodigo in alcun voli di ambientamento in Sardegna, cercando di prendere confidenza con il nuovo piccolo amico, anche se con il freno a mano tirato.

Perché “con il freno a mano tirato”? Perché con il controller che avevo a disposizione non si può volare in modalità MANUALE, il che vuol dire che il drone continua ad utilizzare il GPS per il posizionamento in quota, limitando il set di movimenti da effettuare, oltre che la velocità massima raggiungibile, ma al contempo rendendo il tutto più semplice e stimolante, soprattutto per un principiante.

Risultato: ormai ci sono dentro.

Ho affrontato un piccolo rischio, accettando di scommettere con me stesso, e a questo punto la motivazione è sempre crescente, e anche la determinazione a raggiungere i miei obiettivi. Continuerò a far pratica, a capire il mezzo per modellarlo sempre di più su quelle che sono le mie esigenze.

Ora sono finalmente riuscito a mettere le zampe su un controller “vero”, quindi posso iniziare a far pratica con il volo in modalità manuale, e saranno cazzi perché bisogna quasi “ricominciare tutto da capo”. In realtà io ho già volato con un drone senza “ausili”, avendo sostenuto due esami per abilitazione a pilota di droni quando ancora gli esami erano una cosa più o meno seria (teoria + pratica obbligatorie, in aula e sul campo, per entrambi i certificati), quindi in un certo senso so cosa vuol dire volare con un drone senza “aiutini”, ma qui si tratta di una cosa diversa, ovvero di volare con il PROPRIO drone, portandolo oltre quello che può essere un campo di addestramento.

Non vedo l’ora, già immagino gli anni di vita che perderò per padroneggiarlo a dovere.

Storicamente, da quando ho intrapreso il mio percorso con la fotografia e il video, non ricordo un evento tanto stimolante quanto l’iniziare a far volare droni. Passaggi da una camera all’altra, da un obiettivo all’altro, diversi contesti lavorativi, esperienze, tutto molto bello e formativo, sia a livello personale che professionale, ma il senso di stupore che provo ogni volta che alzo ‘sto coso in aria è qualcosa di inspiegabile, anche se ci ho già provato a spiegarlo, in passato. Sono una persona che si lascia molto guidare dalle sensazioni, sono quello che ancora scatta foto come il primo giorno di reflex, perché non riesco ad abituarmi alla bellezza e all’appagamento che fotografare genera in me. Tutto il processo, dal concepimento della foto (che sia una roba pianificata da mesi o semplicemente il guardare una scena e decidere di immortalarla) fino alla post produzione è per me fonte continua di gioia e soddisfazione. Sono pure quello che ogni volta che riguarda le foto le zooma al 100%, perché amo vedere le texture in qualsiasi cosa.

Per me, dunque, che sono questo tipo di persona, prendere ‘sto coso e lanciarlo a 50km/h (per ora) tra le fratte, tra le rocce, sopra le onde e chissà dove lo lancerò in futuro, è ancora più stimolante di tutto quanto descritto al paragrafo precedente, perché a tutto ciò (concepimento di una ripresa, realizzazione, prospettiva aerea) si aggiunge quel pizzico di brivido del muoversi a velocità importanti tra oggetti che schizzano a destra e a sinistra, o comunque dell’avanzare “stando fermi”.

E’ una cosa che non smetterà mai di affascinarmi, credo.

Grazie come sempre a chiunque abbia avuto voglia e coraggio di leggere queste mie riflessioni, se siete arrivati fin qui commentate con un elicotterino.

Ne vedrete delle belle (forse)!

Nel frattempo, fatevi un giro nel bosco.

Cheers.